S.I.A. S.r.l.
P.IVA 12789100018 R.E.A. TO-1316662
Per la disciplina economica e normativa precedente al CCNL 10/04/1996 si rinvia al CCNL "Regioni ed Autonomie Locali" - Settore "Enti Pubblici"
Per la disciplina economica e normativa successiva al CCNL 03/08/2010 si rinvia al CCNL "Dirigenti - Funzioni locali" del Settore "Enti pubblici".
CCNL del 22/02/2010
DIRIGENTI - REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI
Contratto collettivo nazionale di lavoro 22/02/2010
Parte normativa 2006-2009 - Parte economica 2006-2007
personale della dirigenza del comparto Regioni - Autonomie locali
Decorrenza: 01/01/2006
Scadenza normativa: 31/12/2009
Scadenza economica: 31/12/2007
ARAN
e
CGIL/FP
CISL-FPS
UIL-FPL
CSA Regioni e autonomie locali
DIRER-DIREL
CGIL
CISL
UIL
CIDA
CONFEDIR
CISAL
Testo del c.c.n. l
Titolo I - DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 - Campo di applicazione
1. Il presente contratto collettivo nazionale si applica a tutto il personale con qualifica dirigenziale e con rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendente dagli Enti del Comparto regioni-autonomie locali, comprese le IPAB, di cui all'Area dirigenziale II, prevista dall'art. 2, comma 1, secondo alinea, del contratto collettivo nazionale quadro del 1º febbraio 2008, per la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza per il quadriennio 2006-2009.
2. Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni è riportato nel testo del presente contratto come D.Lgs. n. 165/2001.
Art. 2 - Durata, decorrenza, tempi e procedure di applicazione del contratto
Il presente contratto concerne il periodo 1º gennaio 2006-31 dicembre 2009 per la parte normativa ed è valido 1º gennaio 2006-31 dicembre 2007 per la parte economica.
Gli effetti giuridici decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diverse prescrizioni e decorrenze previste espressamente dal presente contratto. La stipulazione si intende avvenuta al momento della sottoscrizione del contratto da parte dei soggetti negoziali a seguito del perfezionamento delle procedure di cui agli artt. 47 e 48 del D.Lgs. n. 165/2001.
Gli istituti a contenuto economico e normativo con carattere vincolato ed automatico sono applicati dagli enti destinatari entro 30 giorni dalla data della stipulazione di cui al comma 2.
Il presente contratto, alla scadenza, si rinnova tacitamente di anno in anno qualora non ne sia data disdetta da una delle parti con lettera raccomandata, almeno tre mesi prima di ogni singola scadenza. In caso di disdetta, le disposizioni contrattuali rimangono in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo. Resta altresì fermo quanto previsto dall'art. 48, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001.
Per quanto non previsto dal presente contratto collettivo, restano in vigore le norme dei precedenti CCNL
Titolo II - IL RAPPORTO DI LAVORO
Capo I - LA VALUTAZIONE DEI DIRIGENTI
Art. 3 - Recesso per responsabilità dirigenziale
La responsabilità particolarmente grave del dirigente, accertata secondo le procedure adottate da ciascun Ente nel rispetto delle previsioni dell'art. 23 del CCNL del 10 aprile 1996, come sostituito dall'art. 14 del CCNL del 23 dicembre 1999, costituisce giusta causa di recesso. La responsabilità particolarmente grave è correlata:
a) al mancato raggiungimento di obiettivi particolarmente rilevanti per il conseguimento dei fini istituzionali dell'ente previamente individuati con tale caratteristica nei documenti di programmazione e formalmente assegnati al dirigente;
b) ovvero, alla inosservanza delle direttive generali per l'attività amministrativa e la gestione, formalmente comunicate al dirigente, i cui contenuti siano stati espressamente qualificati di rilevante interesse.
Prima di formalizzare il recesso, l'Ente contesta per iscritto l'addebito convocando l'interessato, per una data non anteriore al quinto giorno dal ricevimento della contestazione, per essere sentito a sua difesa. Il dirigente può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un legale di sua fiducia. Ove lo ritenga necessario, l'Ente, in concomitanza con la contestazione, può disporre la sospensione dal lavoro del dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento e la conservazione dell'anzianità di servizio.
L'atto di recesso è adottato in conformità a quanto previsto dall'art. 15, commi 2 e 3, del CCNL del 23 dicembre 1999.
Costituisce condizione risolutiva del recesso l'annullamento della procedura di accertamento della responsabilità del dirigente, disciplinata da ciascun Ente ai sensi dell'art. 23 del CCNL del 10 aprile 1996, come sostituito dall'art. 14 del CCNL 23 dicembre 1999.
Tutti i rinvii all'art. 27, comma 4, del CCNL del 10 aprile 1996 e successive modificazioni ed integrazioni, contenuti nei vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro, devono ritenersi riferiti al presente articolo.
Al termine del periodo di sospensione da ogni incarico dirigenziale, di cui all'art. 23-ter del CCNL del 10 aprile 1996, introdotto dall'art. 13 del CCNL del 22 febbraio 2006, l'Ente affida al dirigente interessato un incarico tra quelli istituiti secondo la disciplina dell'ordinamento vigente, nel rispetto delle previsioni dell'art. 22 del CCNL del 10 aprile 1996, come modificato dall'art. 13 del CCNL del 23 dicembre 1999 e dall'art. 10 del CCNL del 22 febbraio 2006. La mancata accettazione da parte del dirigente dell'incarico proposto costituisce giusta causa di recesso del rapporto di lavoro.
La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del presente CCNL. Dalla medesima data sono disapplicate le disposizioni dell'art. 27 del CCNL del 10 aprile 1996 e quelle dell'art. 11 del CCNL del 22 febbraio 2006.
Capo II - NORME DISCIPLINARI - RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE
In considerazione degli specifici contenuti professionali, delle particolari responsabilità che caratterizzano la figura del dirigente, nel rispetto del principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nonché della giurisprudenza costituzionale in materia, ed al fine di assicurare una migliore funzionalità ed operatività delle pubbliche amministrazioni, sono stabilite specifiche forme di responsabilità disciplinare per i dirigenti nonché il relativo sistema sanzionatorio, con la garanzia di adeguate tutele per il dirigente medesimo.
Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle stesse. La responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli obblighi di comportamento, secondo i principi e le modalità di cui al presente CCNL e resta distinta dalla responsabilità dirigenziale, disciplinata dall'art. 21 del D.Lgs. n. 165/2001, che viene accertata secondo le procedure definite nell'ambito del sistema di valutazione, nel rispetto della normativa vigente.
Restano ferme le altre fattispecie di responsabilità di cui all'art. 55, comma 2, primo periodo, del D.Lgs. n. 165/2001, che hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare.
I dirigenti si conformano al codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, adottato con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri 28 novembre 2000, in quanto loro applicabile. Ai sensi dell'art. 54 del D.Lgs. n. 165/2001, tale codice viene allegato al presente CCNL (Allegato 1).
Art. 5 - Obblighi del dirigente
Il dirigente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa nonché quelli di leale collaborazione, di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del codice civile, anteponendo il rispetto della Legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
Il comportamento del dirigente è improntato al perseguimento degli obiettivi di innovazione e di miglioramento dell'organizzazione delle amministrazioni e di conseguimento di elevati standard di efficienza ed efficacia delle attività e dei servizi istituzionali, nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti.
Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'ente verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati, secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001 e dall'art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000.
In tale specifico contesto, tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dirigente deve in particolare:
a) assicurare il rispetto della Legge, nonché l'osservanza delle direttive generali e di quelle impartite dall'Ente e perseguire direttamente l'interesse pubblico nell'espletamento dei propri compiti e nei comportamenti che sono posti in essere dando conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti;
b) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
c) nello svolgimento della propria attività, stabilire un rapporto di fiducia e di collaborazione nei rapporti interpersonali con gli utenti, nonché all'interno dell'Ente con gli altri dirigenti e con gli addetti alla struttura, mantenendo una condotta uniformata a principi di correttezza e astenendosi da comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono nuocere all'immagine dell'Ente;
d) nell'ambito della propria attività, mantenere un comportamento conforme al ruolo di dirigente pubblico, organizzando ed assicurando il tempo di lavoro e la presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all'espletamento dell'incarico affidato;
e) astenersi dal partecipare, nell'espletamento delle proprie funzioni, all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri, del coniuge, dei parenti e degli affini fino al quarto grado e dei conviventi;
f) sovrintendere, nell'esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento dell'attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l'attivazione dell'azione disciplinare, secondo le disposizioni vigenti;
g) informare l'Ente, di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata l'azione penale;
h) astenersi dal chiedere e dall'accettare omaggi o trattamenti di favore, se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e salvo quelli d'uso, purché di modico valore.
Il dirigente è tenuto comunque ad assicurare il rispetto delle norme vigenti in materia di segreto d'ufficio, riservatezza e protezione dei dati personali, trasparenza ed accesso all'attività amministrativa, informazione all'utenza, autocertificazione, nonché protezione degli infortuni e sicurezza sul lavoro.
Art. 6 - Sanzioni e procedure disciplinari
Le violazioni, da parte dei dirigenti, degli obblighi disciplinati nell'art. 5, secondo la gravità dell'infrazione ed in relazione a quanto previsto dall'art. 7, previo procedimento disciplinare, danno luogo all'applicazione delle seguenti sanzioni:
a) sanzione pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00;
b) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell'art. 7;
c) licenziamento con preavviso;
d) licenziamento senza preavviso.
Per l'individuazione dell'autorità disciplinare competente per i procedimenti disciplinari della dirigenza e per le forme ed i termini del procedimento disciplinare trovano applicazione le previsioni dell'art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001.
Non può tenersi conto, ai fini di altro procedimento disciplinare, delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
I provvedimenti cui al presente articolo non sollevano il dirigente dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso, compresa la responsabilità dirigenziale, che verrà accertata nelle forme previste dal sistema di valutazione.
Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, sono fissati i seguenti criteri generali riguardo il tipo e l'entità di ciascuna delle sanzioni:
- la intenzionalità del comportamento, il grado di negligenza ed imperizia, la rilevanza della inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
- le responsabilità connesse con l'incarico dirigenziale ricoperto, nonché con la gravità della lesione del prestigio dell'Ente o con l'entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
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- l'eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche connesse al comportamento tenuto complessivamente dal dirigente o al concorso nella violazione di più persone.
La recidiva nelle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8, già sanzionate nel biennio di riferimento, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle individuate nell'ambito dei medesimi commi.
Al dirigente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
La sanzione disciplinare pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00, si applica, graduando l'entità della stessa in relazione ai criteri del comma 1, nei casi di:
a) inosservanza delle direttive, dei provvedimenti e delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché di presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all'espletamento dell'incarico affidato, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell'art. 55-quater, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 165/2001;
b) condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti degli organi di vertice dell'Ente, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c) alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d) violazione dell'obbligo di comunicare tempestivamente all'Ente di essere stato rinviato a giudizio o di avere avuto conoscenza che nei suoi confronti è esercitata l'azione penale;
e) violazione dell'obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, se non nei limiti delle normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d'uso, purché di modico valore;
f) inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro, anche se non ne sia derivato danno o disservizio per l'Ente o per gli utenti;
g) violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei singoli ordinamenti ai sensi dell'art. 24 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, anche se non ne sia derivato danno all'Ente.
h) violazione dell'obbligo previsto dall'articolo 55-novies del D.Lgs n. 165/2001.
L'importo delle ritenute per la sanzione pecuniaria è introitato dal bilancio dell'Ente.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni si applica nel caso previsto dall'art. 55-bis, comma 7, del D.Lgs. n. 165/2001.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, con la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo di durata della sospensione, si applica nei casi previsti dall'art. 55-sexies, comma 3, e dall'art. 55-septies, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi si applica nel caso previsto dall'art. 55-sexies, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001.
La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica, graduando l'entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nei commi 4, 5, 6 e 7, quando sia stata già comminata la sanzione massima oppure quando le mancanze previste dai medesimi commi si caratterizzano per una particolare gravità;)
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell'Ente salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell'art. 1 della Legge n. 300/1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale dipendente;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell'art. 55-quater, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 165/2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi l'entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell'assenza o dell'abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all'ente, agli utenti o ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell'Ente o ad esso affidati;
g) qualsiasi comportamento dal quale sia derivato grave danno all'Ente o a terzi, salvo quanto previsto dal comma 7;
h) atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
j) grave e ripetuta inosservanza dell'obbligo di provvedere entro i termini fissati per ciascun provvedimento, ai sensi di quanto previsto dall'art. 7, comma 2, della Legge n. 69/2009.
Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento si applica:
1) con preavviso per:
a) le ipotesi considerate dall'art. 55-quater, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. n. 165/2001;
b) recidiva plurima, in una delle mancanze previste ai commi 4, 5, 6, 7 ed 8, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia già comportato l'applicazione della sanzione massima di sei mesi di sospensione dal servizio;
2) senza preavviso per:
a) le ipotesi considerate nell'art. 55-quater, comma 1, lett. a), d), e) ed f) del D.Lgs. n. 165/2001;
b) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dar luogo alla sospensione cautelare, secondo la disciplina dell'art. 9, fatto salvo quanto previsto dall'art. 10, comma 1;
c) condanna, anche non passata in giudicato, per:
1) i delitti già indicati nell'art. 58, comma 1, lett. a), b) limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e nell'art. 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell'art. 58, comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D. Lgs. n. 267/2000;
2) gravi delitti commessi in servizio;
3) delitti previsti dall'art. 3, comma 1 della Legge 27 marzo 2001, n. 97;
d) recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano anche forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri dipendenti;
e) recidiva plurima atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona;
Le mancanze non espressamente previste nei commi da 4 a 8 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto all'individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all'art. 5, quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti.
Al codice disciplinare di cui al presente articolo, deve essere data la massima pubblicità, mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell'Ente, secondo le previsioni dell'art. 55, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 165/2001.
In sede di prima applicazione del presente CCNL, il codice disciplinare deve essere obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 11, entro 15 giorni dalla data di stipulazione del CCNL e si applica dal quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Resta fermo che le sanzioni previste dal D.Lgs. n. 150/2009 si applicano dall'entrata in vigore del decreto medesimo.
Art. 8 - Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare
L'Ente, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal lavoro dello stesso dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento.
Qualora il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.
Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
Art. 9 - Sospensione cautelare in caso di procedimento penale
Il dirigente colpito da misura restrittiva della libertà personale è obbligatoriamente sospeso dal servizio, con sospensione dell'incarico dirigenziale conferito e privazione della retribuzione, per tutta la durata dello stato di restrizione della libertà, salvo che l'Ente non proceda direttamente ai sensi dell'art. 7, comma 9, n. 2.
Il dirigente può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione e con sospensione dell'incarico anche nel caso in cui sia sottoposto a procedimento penale, anche se non comporti la restrizione della libertà personale o questa sia comunque cessata, qualora l'Ente disponga, ai sensi dell'art. 55-ter del D.Lgs. n. 165/2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell'art. 10.
Resta fermo l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett. a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b) e c), del D.Lgs. n. 267/2000. È fatta salva l'applicazione dell'art. 7, comma 9, n. 2, qualora l'Ente non disponga, ai sensi dell'art. 55-ter del D.Lgs. n. 165/2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell'art. 10.
Nel caso dei delitti previsti all'art. 3, comma 1, della Legge n. 97/2001, trova applicazione la disciplina ivi stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, trova applicazione l'art. 4, comma 1, della citata Legge n. 97/2001. Resta ferma, in ogni caso, l'applicabilità dell'art. 7, comma 9, n. 2, qualora l'Ente non disponga la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell'art. 10.
Nei casi indicati ai commi precedenti si applica comunque quanto previsto dall'art. 10 in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
Ove l'Ente proceda all'applicazione della sanzione di cui all'art. 7, comma 9, n. 2, la sospensione del dirigente disposta ai sensi del presente articolo conserva efficacia fino alla conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, essa è revocata ed il dirigente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l'applicazione dell'art. 7, comma 9, n. 2, l'Ente ritenga che la permanenza in servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed operatività dell'Ente stessa. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato eventualmente sospeso fino all'esito del procedimento penale, ai sensi dell'art. 10, tale sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso l'applicabilità dell'art. 7, comma 9, n. 2.
Al dirigente sospeso dal servizio ai sensi del presente articolo sono corrisposti un'indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo, ove spettante, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbiano titolo.
Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione, pronunciata con la formula il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al dirigente se fosse rimasto in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione. Ove il procedimento disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell'art. 10, comma 2, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, quanto corrisposto al dirigente precedentemente sospeso viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, tenendo conto anche della retribuzione di posizione in godimento all'atto della sospensione; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
Art. 10 - Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
Nell'ipotesi di procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, trovano applicazione le disposizioni dell'art. 55-ter del D.Lgs. n. 165/2001.
Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi dell'art. 55-ter del D.Lgs. n. 165/2001, qualora per i fatti oggetto del procedimento penale, intervenga una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale, l'autorità disciplinare procedente, nel rispetto delle previsioni dell'art. 55-ter, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001, riprende il procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell'art. 653, comma 1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni oppure i fatti contestati, pur non costituendo illecito penale, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e secondo le modalità stabilite dell'art. 55-ter, comma 4.
Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l'irrogazione della sanzione del licenziamento, ai sensi dell'art. 7, comma 9, n. 2 (codice disciplinare), e successivamente il procedimento penale sia definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o non costituisce illecito penale, ove il medesimo procedimento sia riaperto e si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi dell'art. 55-ter, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, il dirigente ha diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l'ente, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra sede, nonché all'affidamento di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all'atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l'assoluzione del dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione.
Dalla data di riammissione di cui al comma 3, il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell'eventuale periodo di sospensione antecedente nonché della retribuzione di posizione in godimento all'atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi compensi spettano al coniuge o al convivente superstite e ai figli.
Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 3, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dal presente CCNL
Art. 11 - Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato
L'Ente, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla data della sentenza che ne ha dichiarato l'illegittimità o la ingiustificatezza, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra su sua richiesta, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all'atto del licenziamento. Al dirigente spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto durante il periodo di licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all'atto del licenziamento stesso.
Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 1, siano state contestate al dirigente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo le procedure previste dalle vigenti disposizioni.
Art. 12 - Indennità sostitutiva della reintegrazione
L'ente o il dirigente possono proporre all'altra parte, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, di cui all'art. 11, il pagamento a favore del dirigente di un'indennità supplementare determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze emerse, tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità.
L'indennità supplementare di cui al comma 1 è automaticamente aumentata, ove l'età del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle seguenti misure:
-- 7 mensilità in corrispondenza del 51esimo anno compiuto;
- 6 mensilità in corrispondenza del 50esimo e 52esimo anno compiuto;
- 5 mensilità in corrispondenza del 49esimo e 53esimo anno compiuto;
- 4 mensilità in corrispondenza del 48esimo e 54esimo anno compiuto;
- 3 mensilità in corrispondenza del 47esimo e 55esimo anno compiuto;
- 2 mensilità in corrispondenza del 46esimo e 56esimo anno compiuto.
Nelle mensilità di cui ai commi 1 e 2 è ricompresa anche la retribuzione di posizione già in godimento del dirigente al momento del licenziamento, con esclusione di quella di risultato.
Il dirigente che accetti l'indennità supplementare in luogo della reintegrazione non può successivamente adire l'autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. In caso di pagamento dell'indennità supplementare, l'Ente non può assumere altro dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
Il dirigente che abbia accettato l'indennità supplementare in luogo della reintegrazione, per un periodo pari ai mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva che ha dichiarato l'illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della disciplina di cui all'art. 31, comma 10, del CCNL del 10 aprile 1996, senza obbligo di preavviso. Qualora si realizzi il trasferimento ad altro Ente, il dirigente ha diritto ad un numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato.
La presente disciplina trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del presente CCNL. Dalla medesima data sono disapplicate le disposizioni dell'art. 13 del CCNL del 12 febbraio 2002.
Art. 13 - La determinazione concordata della sanzione
L'autorità disciplinare competente ed il dirigente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la Legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.
La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non può essere di specie diversa da quella prevista dalla Legge o dal contratto collettivo per l'infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
L'autorità disciplinare competente o il dirigente può proporre all'altra parte, l'attivazione della procedura conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dirigente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell'art. 55-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all'art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001. La proposta dell'autorità disciplinare o del dirigente e tutti gli altri atti della procedura sono comunicati all'altra parte con le modalità dell'art. 55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001.
La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione della proposta entro il termine di cui al comma 2 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente lå procedura conciliativa.
La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell'art. 55-bis, comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all'art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001. La mancata accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
Ove la proposta sia accettata, l'autorità disciplinare competente convoca nei tre giorni successivi il dirigente, con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.
Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l'accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall'autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad impugnazione, può essere irrogata dall'autorità disciplinare competente.
In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all'art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001.
In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell'irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
Titolo III - IL TRATTAMENTO ECONOMICO
Capo I - TRATTAMENTO STIPENDIALE
Lo stipendio tabellare della qualifica unica dirigenziale come stabilito dall'art. 2, comma 2, del CCNL del 14 maggio 2007, è incrementato dei seguenti importi mensili lordi, per tredici mensilità, con decorrenza dalle date sottoindicate:
a) dal 1º aprile 2006 di € 15,74;
b) rideterminato dal 1º luglio 2006 in € 26,24;
c) rideterminato dal 1º gennaio 2007 in € 141,386.
A seguito della applicazione della disciplina del comma 1, il nuovo stipendio tabellare annuo a regime della qualifica unica dirigenziale, con decorrenza dal 1º gennaio 2007, è rideterminato in € 41.968,00 comprensivo del rateo della tredicesima mensilità.
È confermato il maturato economico annuo di cui all'art. 35, comma 1, lett. b) del CCNL del 10 aprile 1996 nonché la retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita.
Gli incrementi di cui al comma 1 comprendono ed assorbono l'indennità di vacanza contrattuale, secondo le previsioni dell'art. 2, comma 35, della Legge 22 dicembre 2008, n. 203.
Art. 15 - Effetti dei nuovi stipendi
Nei confronti del personale cessato o che cesserà dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza del presente contratto di parte economica relativa al biennio 2006-2007, gli incrementi di cui al comma 1 dell'art. 14 hanno effetto integralmente, alle scadenze e negli importi ivi previsti, ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza normale e privilegiato. Agli effetti della indennità premio di fine servizio, dell'indennità sostitutiva del preavviso nonché di quella prevista dall'art. 2122 cod. civ. (indennità in caso di decesso), si considerano solo gli incrementi maturati alla data di cessazione del rapporto.
Gli incrementi di cui al comma 1 dell'art. 14 hanno effetto integralmente, alle scadenze e negli importi ivi previsti, su tutti gli istituti i cui valori economici, secondo le vigenti disposizioni, sono quantificati facendo espresso rinvio, come base di calcolo, allo stipendio tabellare.
Art. 16 - Incrementi delle risorse per la retribuzione di posizione e di risultato
Il valore economico della retribuzione di tutte le posizioni dirigenziali ricoperte alla data dell'1 gennaio 2007, nell'importo annuo per tredici mensilità, determinato secondo la disciplina dell'art. 27 del CCNL del 23 dicembre 1999, è incrementato di un importo annuo lordo, comprensivo del rateo di tredicesima mensilità, pari a € 478,40. Conseguentemente, le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, sono incrementate, per l'anno 2007, in misura corrispondente agli incrementi di retribuzione riconosciuti a ciascuna funzione dirigenziale.
Gli enti, nei limiti delle risorse complessivamente destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, a decorrere dal 1 gennaio 2007, possono adeguare il valore della retribuzione delle posizioni dirigenziali non ricoperte alla medesima data, tenendo conto degli incrementi risultanti dall'applicazione del comma 1.
A decorrere dal 31 dicembre 2007, i valori minimi e massimi della retribuzione di posizione di cui all'art. 27, comma 2, del CCNL del 23 dicembre 1999, come modificati dall'art. 4, comma 3, del CCNL del 14 maggio 2007, sono conseguentemente rideterminati nel valore minimo di € 10.922,17 e nel valore massimo di € 44.491,87; resta in ogni caso ferma la disciplina prevista dall'art. 27, comma 5, del citato CCNL del 23 dicembre 1999, come modificato dall'art. 24 del CCNL del 22 febbraio 2006.
Le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza, di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, sono altresì incrementate negli importi ed alle scadenze di seguito indicate.
- con decorrenza dall'1 gennaio 2007 nella misura dell'1,39% del monte salari relativo alla dirigenza per l'anno 2005;
- con decorrenza dal 31 dicembre 2007, nella misura dell'1,78% del monte salari relativo alla dirigenza per l'anno 2005, che comprende ed assorbe il precedente incremento;
Le risorse di cui al comma 4 sono finalizzate esclusivamente al finanziamento della retribuzione di risultato dei dirigenti per gli anni 2007 e 2008, nel rispetto dei criteri di determinazione e di erogazione di tale voce retributiva applicati presso ciascun Ente nei suddetti anni. Gli incrementi sono corrisposti sulla base delle risultanze della valutazione delle prestazioni e dei risultati di gestione dei dirigenti relativa al medesimi anni 2007 e 2008.
Gli enti locali possono integrare, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza, di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, qualora siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) effettiva adozione di adeguati sistemi di valutazione delle prestazione e dei risultati dei dirigenti, secondo le previsioni dell'art. 14 del CCNL del 23 dicembre 1999;
b) rispetto del patto di stabilità per il triennio 2005-2007;
c) rispetto dei vincoli di contenimento della spesa per il personale previsti dalla vigente legislazione;
d) raggiungimento, sulla base di espressa certificazione dei servizi di controllo interno, di una percentuale non inferiore al 70% degli obiettivi annuali stabiliti nel PEG;
e) osservanza degli indicatori di capacità finanziaria sotto indicati.
A decorrere dal 31 dicembre 2007 e a valere per il solo anno 2008, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, i comuni e le province, possono incrementare le risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999 fino ad un massimo dell'1% del monte salari del 2005 relativo alla dirigenza, qualora il rapporto tra il numero di posizioni dirigenziali previste dal proprio ordinamento coperte ed il personale in servizio alla data del 31 dicembre 2007 s1a non superiore ai seguenti valori:
a) per i comuni:
- da 10.000 a 59.999 abitanti: 1/35;
- da 60.000 a 249.000 abitanti: 1/40;
- oltre 249.000 abitanti: 1/50;
b) per le province:
- i cui trasferimenti regionali sono superiori alla media nazionale dei trasferimenti regionali: 1/20;
- i cui trasferimenti regionali sono inferiori alla media nazionale dei trasferimenti regionali: 1/30.
A decorrere dal 31 dicembre 2007 e a valere per il solo anno 2008, i comuni e le province in aggiunta all'aumento di cui al comma 2, possono incrementare le risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999 fino ad un massimo dello 0,5% del monte salari 2005 relativo alla dirigenza, qualora sia stato rispettato patto di stabilità interno anche per l'anno 2008 ed il rapporto tra il numero di posizioni dirigenziali coperte ed il personale in servizio alla data del 31 gennaio 2007 sia non superiore ai seguenti valori per classe demografica:
a) per i comuni:
- da 10.000 a 59.999 abitanti: 1/43;
- da 60.000 a 249.000 abitanti: 1/53;
- oltre 249.000 abitanti: 1/63.
b) per le province:
- i cui trasferimenti regionali sono superiori alla media nazionale dei trasferimenti regionali: 1/35;
- i cui trasferimenti regionali sono inferiori alla media nazionale dei trasferimenti regionali: 1/45.
In sostituzione dei parametri di cui al comma 2, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui al comma 1, lett. a), b), c) e d), i comuni e le province, a decorrere dal 31 dicembre 2007 ed a valere per il solo anno 2008, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, possono incrementare le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza, di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, fino ad un massimo dell'1% del monte salari del 2005 relativo alla dirigenza, qualora il rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti sia non superiore ai seguenti valori:
a) 30% per i comuni;
b) 26% per le province.
In sostituzione dei parametri di cui al comma 3, i comuni e le province, a decorrere dal 31 dicembre 2007 ed a valere per il solo anno 2008, in aggiunta all'aumento di cui al comma 4, possono incrementare 1e risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza, di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, fino ad un massimo dello 0,5% del monte salari del 2005 relativo alla dirigenza, qualora sia stato rispettato il patto di stabilità interno anche per l'anno 2008 ed il rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti sia non superiore ai seguenti valori:
a) 23% per i comuni;
b) 18% per le province.
A decorrere dal 31 dicembre 2007 e a valere per il solo anno 2008, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, i comuni capoluogo delle aree metropolitane, di cui all'art. 22 del D.Lgs. n. 267/2000, che abbiano rispettato il patto di stabilità interno per il triennio 2005-2007 nonché i vincoli di contenimento della spesa per il personale previsti dalla vigente legislazione, possono incrementare le risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999 fino all'1% del monte salari del 2005 relativo alla dirigenza, qualora il rapporto tra il numero di posizioni dirigenziali previste dal proprio ordinamento coperte ed il personale in servizio alla data del 31 dicembre 2007 sia pari o inferiore a 1/55.
L'importo percentuale di cui al comma 6, è elevabile fino ad un massimo dell'1,5%, qualora, oltre al rispetto delle condizioni e dei parametri ivi indicati, gli enti abbiano rispettato il patto di stabilità interno anche per l'anno 2008.
In sostituzione dei parametri di cui ai commi 6 e 7, fermo restando il rispetto del patto di stabilità interno per il triennio 2005-2007 nonché dei vincoli di contenimento della spesa per il personale previsti dalla vigente legislazione, i comuni capoluogo delle aree metropolitane, di cui all'art. 22 del D.Lgs. n. 267/2000, possono optare rispettivamente per i seguenti parametri:
a) rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti non superiore al 25%, ai fini dell'incremento delle risorse dell'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, di cui al comma 6;
b) rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti di cui alla lett. a) e rispetto del patto di stabilità interno anche per l'anno 2008, ai fini dell'incremento delle risorse dell'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, di cui al comma 7.
Gli incrementi di cui ai precedenti commi non trovano applicazione da parte degli Enti Locali dissestati o strutturalmente deficitari, per i quali non sia intervenuta, ai sensi di Legge, l'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
Le risorse derivanti dall'applicazione dei precedenti commi sono finalizzate esclusivamente al finanziamento della retribuzione di risultato dei dirigenti per il 2008, nel rispetto dei criteri di determinazione e di erogazione di tale voce retributiva applicati presso ciascun Ente nel suddetto anno. Gli incrementi sono corrisposti sulla base delle risultanze della valutazione delle prestazioni e dei risultati di gestione dei dirigenti relativa al medesimo anno 2008.
A decorrere dal 31 dicembre 2007 e a valere per il solo anno 2008, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, le regioni, che abbiano rispettato il patto di stabilità interno per il triennio 2005-2007 nonché i vincoli di contenimento della spesa per il personale previsti dalla vigente legislazione, possono incrementare le risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999 fino allo 0,6% del monte salari del 2005 relativo alla dirigenza, qualora il rapporto tra numero di dirigenti in servizio effettivo e il personale in servizio alla data del 31 dicembre 2007 sia pari o inferiore a 1/10 ovvero sia stato ridotto il numero dei dirigenti in servizio effettivo al 31 dicembre 2007 rispetto al 31 dicembre 2006 nella misura del 5%.
A decorrere dal 31 dicembre 2007 e a valere per l'anno 2008, le regioni in aggiunta all'aumento di cui all'art. 16 ed al comma 1, possono incrementare le risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999 fino allo 0,9% del monte salari 2005 relativo alla dirigenza, qualora sia stato rispettato il patto di stabilità anche per l'anno 2008 ed il rapporto tra numero di dirigenti in servizio effettivo e personale in servizio alla data del 31 dicembre 2007 sia pari o inferiore a 1/15 ovvero sia stato ridotto il numero dei dirigenti in servizio effettivo al 31 dicembre 2007 rispetto al 31 dicembre 2006 nella misura dell'8%.
In sostituzione dei parametri di cui ai commi 1 e 2, le regioni, fermo restando il patto di stabilità interno per il triennio 2005-2007 nonché dei vincoli di contenimento della spesa per il personale previsti dalla vigente legislazione, possono optare rispettivamente per i seguenti parametri alternativi:
a) rapporto tra spesa del personale e spesa corrente depurata della spesa sanitaria non superiore al 35%, ai fini dell'incremento delle risorse dell'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, di cui al comma 1;
b) rapporto tra spesa del personale e spesa corrente depurata della spesa sanitaria uguale o inferiore al 30% e rispetto del patto di stabilità interno anche per l'anno 2008, ai fini dell'incremento delle risorse dell'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, di cui al comma 2.
Con propri specifici atti, le regioni individuano, tra quelli di cui ai precedenti commi da 1 a 3, i criteri che possono trovare applicazione per ciascuno dei propri enti strumentali per l'incremento delle risorse delle risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999.
Le risorse derivanti dall'applicazione dei precedenti commi sono finalizzate esclusivamente al finanziamento della retribuzione di risultato dei dirigenti per il 2008, nel rispetto dei criteri di determinazione e di erogazione di tale voce retributiva applicati presso ciascuna regione e presso i relativi enti strumentali nel suddetto anno. Gli incrementi sono corrisposti sulla base delle risultanze della valutazione delle prestazioni e dei risultati di gestione dei dirigenti relativa al medesimo anno 2008.
Le Camere di commercio possono integrare, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, e nella misura rispettivamente prevista dal comma 2, le risorse finanziarie, di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, qualora siano in possesso dei seguenti requisiti, riferiti al 31 dicembre 2007:
a) il rispetto dei vincoli di contenimento della spesa per il personale previsti specificamente per le Camere di Commercio dalle disposizioni delle vigenti leggi finanziarie;
b) l'avvenuta formale introduzione di un sistema di programmazione e controllo, integrato nelle sue componenti del controllo strategico, di quello di gestione e della valutazione, ancorato a precisi indicatori di efficienza e di qualità dei servizi, definiti con carattere di uniformità per tutte le Camere di commercio, in coerenza con le previsioni dell'art. 35 del D.P.R. n. 254/2005, come rilevato dall'Osservatorio Unioncamere annualità 2008;
c) il rispetto da parte della singola Camera di commercio di valori predeterminati degli indicatori di equilibrio economico finanziario, definiti in modo uniforme per tutte le Camere di Commercio, in attuazione del decreto del Ministro per lo sviluppo economico 8 febbraio 2006, come specificati nel comma successivo;
d) l'esito, presso la singola Camera di commercio, delle valutazioni dei risultati dei dirigenti, strutturate secondo il sistema delineato nell'art. 7 del CCNL del 14 maggio 2007, non inferiore alla media complessiva del 90% per il biennio 2006-07 del valore massimo attribuibile secondo il sistema di valutazione adottato.
A decorrere dal 31 dicembre 2007 e a valere per il solo anno 2008, in aggiunta alle disponibilità derivanti dall'applicazione dell'art. 16, le Camere di Commercio, qualora siano in possesso dei requisiti del comma 1, possono incrementare le risorse di cui all'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999, fino ad un massimo dell'1,5% del monte salari del 2005 relativo alla dirigenza, secondo le condizioni ed i valori percentuali di seguito indicati:
a) fino ad un massimo dello 0,4%, qualora gli indicatori di equilibrio economico finanziario non siano superiori a 36;
b) fino ad un massimo dello 0,5%, in aggiunta alla quota della lett. a), qualora gli indicatori di equilibrio economico finanziario non siano superiori a:
- 32 per le Camere con un numero di imprese attive iscritte al Registro delle Imprese inferiore a 40.000;
- 30 per le Camere con un numero di imprese attive iscritte al Registro delle Imprese superiore a 40.000 e inferiore a 80.000;
- 27 per le Camere con un numero di imprese attive iscritte al Registro delle Imprese superiore a 80.000;
c) fino ad un massimo dello 0,6%,in aggiunta alle quote di cui alle lett. a) e b), qualora gli indicatori di equilibrio economico finanziario non siano superiori a:
- 27 per le Camere con un numero di imprese attive iscritte al Registro delle Imprese inferiore a 40.000;
- 25 per le Camere con un numero di imprese attive iscritte al Registro delle Imprese superiore a 40.000 e inferiore a 80.000;
- 22 per le Camere con un numero di imprese attive iscritte al Registro delle Imprese superiore a 80.000.
Le risorse derivanti dalla applicazione dei commi precedenti sono destinate in via esclusiva al finanziamento della retribuzione di risultato dei dirigenti.
Le risorse derivanti dall'applicazione dei precedenti commi sono utilizzate per incrementare il valore della retribuzione di risultato dei dirigenti per l'anno 2008, nel rispetto dei criteri di determinazione e di erogazione di tale voce retributiva applicati presso ciascuna Camera di commercio in tale anno. Gli incrementi sono corrisposti sulla base delle risultanze della valutazione delle prestazioni e dei risultati di gestione dei dirigenti relativa al medesimo anno 2008.
Art. 20 - Onnicomprensività del trattamento economico
Il trattamento economico dei dirigenti, ai sensi dell'art. 24, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001, ha carattere di onnicomprensività in quanto remunera completamente ogni incarico conferito ai medesimi in ragione del loro ufficio o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell'Ente.
In aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, ai dirigenti possono essere erogati direttamente, a titolo di retribuzione di risultato, solo i compensi previsti da specifiche disposizioni di Legge, come espressamente recepite nelle vigenti disposizioni della contrattazione collettiva nazionale e secondo le modalità da queste stabilite: art. 92, comma 5, D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006; art. 37 del CCNL del 23 dicembre 1999; art. 3, comma 57 della Legge n. 662/1996; art. 59, comma 1, lett. p) del D.Lgs. n. 446/1997 (recupero evasione ICI); art. 12, comma 1, lett. b) del D.L. n. 437/1996, convertito nella Legge n. 556/1996. L'ente definisce l'incidenza delle suddette erogazioni aggiuntive sull'ammontare della retribuzione di risultato sulla base criteri generali oggetto di previa concertazione sindacale, ai sensi dell'art. 6 del CCNL del 22 febbraio 2006.
L'atto di conferimento oppure di designazione o, comunque, di nulla osta all'espletamento dell'incarico, ove conferito da soggetti terzi, pubblici o privati, su designazione dell'Ente specifica la riconducibilità dell'incarico e del relativo compenso al regime dell'onnicomprensività.
Le somme risultanti dall'applicazione del principio dell'onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti, riferite anche ai compensi per incarichi non connessi direttamente alla posizione dirigenziale attribuita, integrano le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, secondo la disciplina dell'art. 26 del CCNL del 23 dicembre 1999.
Le risorse di cui al comma 4, al lordo di tutti gli oneri riflessi assistenziali, previdenziali e fiscali, sono utilizzate per incrementare, ai sensi dell'art. 29 del CCNL del 23 dicembre 1999, la retribuzione di risultato dei dirigenti, sulla base di criteri volti a valorizzare, in via prioritaria ed in misura prevalente, quella dei dirigenti che hanno svolto i singoli incarichi. I suddetti criteri sono definiti dall'Ente, previa concertazione sindacale, ai sensi dell'art. 6 del CCNL del 22 febbraio 2006.
Le risorse derivanti dall'applicazione del presente articolo sono integralmente destinate al finanziamento della retribuzione di risultato.
È disapplicata dalla data di definitiva sottoscrizione del presente contratto collettivo la disciplina dell'art. 32 del CCNL del 23 dicembre 1999.
Dichiarazione congiunta 1
In riferimento all'art. 11, le parti si danno reciprocamente atto, che in conformità ai principi generali in materia, nel caso di reintegra in soprannumero del dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato, la posizione soprannumeraria dovrà essere riassorbita a seguito delle eventuali cessazioni dal servizio che si dovessero verificare nel tempo.
Dichiarazione congiunta 2
Relativamente alle previsioni degli art. 17, 18 e 19, le parti congiuntamente dichiarano che la sussistenza degli specifici requisiti finanziari ivi previsti (rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti), necessari per poter disporre delle risorse aggiuntive secondo le modalità e le quantità definite, dovrà essere verificata con riferimento ai dati del bilancio consuntivo degli enti relativo all'anno 2007 ed anche all'anno 2008, per le ipotesi di eventuale incremento delle stesse entro il limite massimo dell'1,5%.
Dichiarazione congiunta 3
Relativamente all'art. 17, commi 3 e 7, e all'art. 18, comma 2, le parti congiuntamente dichiarano che, ai fini del possibile incremento delle risorse ivi previsto, gli enti sono tenuti a verificare il rispetto non solo del Patto di stabilità per il 2008 ma anche dei vincoli in materia di contenimento della spesa di personale con riferimento al medesimo anno.
Allegato 1 - Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
Art. 1
(Disposizioni di carattere generale)
I principi e i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa. I dipendenti pubblici - escluso il personale militare, quello della polizia di Stato ed il Corpo di polizia penitenziaria, nonché i componenti delle magistrature e dell'Avvocatura dello Stato - si impegnano ad osservarli all'atto dell'assunzione in servizio.
I contratti collettivi provvedono, a norma dell'art. 54, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al coordinamento con le previsioni in materia di responsabilità disciplinare. Restano ferme le disposizioni riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti.
Le disposizioni che seguono trovano applicazione in tutti i casi in cui non siano applicabili norme di Legge o di regolamento o comunque per i profili non diversamente disciplinati da leggi o regolamenti. Nel rispetto dei principi enunciati dall'art. 2, le previsioni degli articoli 3 e seguenti possono essere integrate e specificate dai codici adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell'art. 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 2
(Principi)
Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione. Nell'espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della Legge e persegue esclusivamente l'interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell'interesse pubblico che gli è affidato.
Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d'ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione.
Nel rispetto dell'orario di lavoro, il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento delle proprie competenze, si impegna ad adempierle nel modo più semplice ed efficiente nell'interesse dei cittadini e assume le responsabilità connesse ai propri compiti.
Il dipendente usa e custodisce con cura i beni di cui dispone per ragioni di ufficio e non utilizza a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio.
Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l'amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola l'esercizio dei diritti. Favorisce l'accesso degli stessi alle informazioni a cui abbiano titolo e, nei limiti in cui ciò non sia vietato, fornisce tutte le notizie e informazioni necessarie per valutare le decisioni dell'amministrazione e i comportamenti dei dipendenti.
Il dipendente limita gli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese a quelli indispensabili e applica ogni possibile misura di semplificazione dell'attività amministrativa, agevolando, comunque, lo svolgimento, da parte dei cittadini, delle attività loro consentite, o comunque non contrarie alle norme giuridiche in vigore.
Nello svolgimento dei propri compiti, il dipendente rispetta la distribuzione delle funzioni tra Stato ed enti territoriali. Nei limiti delle proprie competenze, favorisce l'esercizio delle funzioni e dei compiti da parte dell'autorità territorialmente competente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.
Art. 3
(Regali e altre utilità)
Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, neanche in occasione di festività, regali o altre utilità salvo quelli d'uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all'ufficio.
Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, regali o altre utilità da un subordinato o da suoi parenti entro il quarto grado. Il dipendente non offre regali o altre utilità ad un sovraordinato o a suoi parenti entro il quarto grado, o conviventi, salvo quelli d'uso di modico valore.
Art. 4
(Partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni)
Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al dirigente dell'ufficio la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere non riservato, i cui interessi siano coinvolti dallo svolgimento dell'attività dell'ufficio, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati.
Il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni ed organizzazioni, né li induce a farlo promettendo vantaggi di carriera.
Art. 5
(Trasparenza negli interessi finanziari)
Il dipendente informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti di collaborazione in qualunque modo retribuiti che egli abbia avuto nell'ultimo quinquennio, precisando:
a) se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi, abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria.
Art. 6
(Obbligo di astensione)
Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero: di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi; di individui od organizzazioni con cui egli stesso o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito; di individui od organizzazioni di cui egli sia tutore, curatore, procuratore o agente; di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il dirigente dell'ufficio.
Art. 7
(Attività collaterali)
Il dipendente non accetta da soggetti diversi dall'amministrazione retribuzioni o altre utilità per prestazioni alle quali è tenuto per lo svolgimento dei propri compiti d'ufficio.
Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con individui od organizzazioni che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti all'ufficio.
Il dipendente non sollecita ai propri superiori il conferimento di incarichi remunerati.
Art. 8
(Imparzialità)
Il dipendente, nell'adempimento della prestazione lavorativa, assicura la parità di trattamento tra i cittadini che vengono in contatto con l'amministrazione da cui dipende. A tal fine, egli non rifiuta né accorda ad alcuno prestazioni che siano normalmente accordate o rifiutate ad altri.
Il dipendente si attiene a corrette modalità di svolgimento dell'attività amministrativa di sua competenza, respingendo in particolare ogni illegittima pressione, ancorché esercitata dai suoi superiori.
Art. 9
(Comportamento nella vita sociale)
Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell'amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino. Nei rapporti privati, in particolare con pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, non menziona né fa altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione, qualora ciò possa nuocere all'immagine dell'amministrazione.
Art. 10
(Comportamento in servizio)
Il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né affida ad altri dipendenti il compimento di attività o l'adozione di decisioni di propria spettanza.
Nel rispetto delle previsioni contrattuali, il dipendente limita le assenze dal luogo di lavoro a quelle strettamente necessarie.
Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio. Salvo casi d'urgenza, egli non utilizza le linee telefoniche dell'ufficio per esigenze personali. Il dipendente che dispone di mezzi di trasporto dell'amministrazione se ne serve per lo svolgimento dei suoi compiti d'ufficio e non vi trasporta abitualmente persone estranee all'amministrazione.
Il dipendente non accetta per uso personale, né detiene o gode a titolo personale, utilità spettanti all'acquirente, in relazione all'acquisto di beni o servizi per ragioni di ufficio.
Art. 11
(Rapporti con il pubblico)
Il dipendente in diretto rapporto con il pubblico presta adeguata attenzione alle domande di ciascuno e fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio. Nella trattazione delle pratiche egli rispetta l'ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto motivando genericamente con la quantità di lavoro da svolgere o la mancanza di tempo a disposizione. Egli rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde sollecitamente ai loro reclami.
Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa.
Il dipendente non prende impegni né fa promesse in ordine a decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, se ciò possa generare o confermare sfiducia nell'amministrazione o nella sua indipendenza ed imparzialità.
Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotta un linguaggio chiaro e comprensibile.
Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in una amministrazione che fornisce servizi al pubblico si preoccupa del rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall'amministrazione nelle apposite carte dei servizi. Egli si preoccupa di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
Art. 12
(Contratti)
Nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, il dipendente non ricorre a mediazione o ad altra opera di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto.
Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato nel biennio precedente. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali egli abbia concluso contratti a titolo privato nel biennio precedente, si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto.
Il dipendente che stipula contratti a titolo privato con imprese con cui abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio.
Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente competente in materia di affari generali e personale.
Art. 13
(Obblighi connessi alla valutazione dei risultati)
Il dirigente ed il dipendente forniscono all'ufficio interno di controllo tutte le informazioni necessarie ad una piena valutazione dei risultati conseguiti dall'ufficio presso il quale prestano servizio. L'informazione è resa con particolare riguardo alle seguenti finalità: modalità di svolgimento dell'attività dell'ufficio; qualità dei servizi prestati; parità di trattamento tra le diverse categorie di cittadini e utenti; agevole accesso agli uffici, specie per gli utenti disabili; semplificazione e celerità delle procedure; osservanza dei termini prescritti per la conclusione delle procedure; sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni.